Non decollano del tutto le importazioni del vino italiano in Cina. Sebbene che, nei primi quattro mesi del 2021, le esportazioni italiane fossero cresciute di circa il 55% rispetto all’analogo range temporale dell’anno precedente, per il capitolo “vino” è solo del 10% la quota importata dalla Cina.

Il motivo è presto detto. I consumatori asiatici non hanno palato identico a quello degli Italiani e gradiscono molto di più i vini abboccati o amabili.

Vini morbidi e dolci, dunque, per i palati dei cinesi che giudicano troppo all’insegna della durezza i prodotti del Belpaese, secondo loro acidi e pieni di tannino tali da dar fastidio al gusto. È un’analisi, questa, rilevata da Vinehoo, sito di e-commerce di vino più in voga e più utilizzato in Cina, secondo il quale l’Italia è parecchio in ritardo sull’attecchire nei mercati cinesi, rilevando nel Prosecco e nei vini naturali le possibili chiavi per scardinare questo mercato, ad oggi fermo solo a reperire Nebbiolo e Sangiovese. Meglio i vini provenienti dal mercato cileno e da quello americano, dunque, ma anche da quello francese che si è adeguato ad un export mirato.

«Tra i problemi maggiormente riscontrati – commenta Eva Xia, responsabile acquisti del gruppo Vinehoo – c’è anche la difficoltà del consumatore a navigare tra troppe denominazioni e varietà di vitigni italiani, e tutto ciò genera grosse differenze di stile e di riconoscibilità per il consumatore cinese. Serve solo un lavoro continuativo da parte di aziende e consorzi per abituare il consumatore cinese a questa cultura e alle diversità».

L’11 dicembre a Shanghai e il 18 dicembre a Guanzhou, intanto, l’Italia del vino sarà protagonista in Cina grazie al tour “Icon Italy“. La rassegna metterà in contatto le cantine partecipanti con wine-lover ed operatori, facendo conoscere loro alcuni “totem” dell’enologia italiana.

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