Da sempre considerato baluardo maschile inossidabile, il vino e il suo mondo abbracciano sempre più il genere femminile. È del 55%, infatti, la percentuale di bevitori italiani di sesso femminile, in crescita rispetto al 49% del 2020.
I dati sono rilevati dallo studio dell’indagine “Italy Wine Landscapes” per un’indagine di Wine intelligence per UIV, Unione Italiana Vini. Un dato imprevedibile e inatteso poiché frutto di sconvolgimenti dovuti al periodo della pandemia che ha scombussolato le carte fin lì solite. Sale anche la quota dei consumatori over 65 che passano quest’anno al 39%, segnando un +12% di incremento. Pressoché invariata la fascia 45-64, mentre indietreggiano tutte le fasce più giovani. La preferenza italiana dice bianco per quasi nove persone su dieci, poco sopra la percentuale di chi seleziona rosso.
Gli effetti del Covid sul vino si ripercuotono anche sulle fasce di reddito e segnalano una divergenza a forbice: in generale chi consuma vino oggi è colui che possiede un reddito alto, mentre per i redditi sotto ai 15.000 euro il vino è diventata più un’occasione anziché un’abitudine.
Negli Stati Uniti, invece, ad essere preferita è sempre la birra al 39%, sebbene in calo a qualche decennio fa, mentre il vino è scelto da tre persone su dieci che hanno reddito medio-alto. Sempre per “Wine Intelligence” gli statunitensi non amano bere vino. È solo il 18% (dieci anni fa si era sul 28%), infatti, dei nati prima del 2000 che consuma bianchi e rossi, preferendo superalcolici e cocktail. Diverso discorso, invece, per gli under 21 che continuano a riempire il calice.
Penalizzato, invece da social ed influencer il vino in Cina. La Generazione Z subisce di più il fascino di chi comunica cocktail e bevande più adatte ai giovani anziché il vino, che a questo punto necessiterebbe di essere attraversato da un linguaggio più friendly per essere abbracciato anche dai ragazzi di questa fascia di età.
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