È stato reso noto un’interessante report sull’enoturismo e su come i consumatori si approcciano oggi a questo settore, prodotto da Divinea tramite la loro piattaforma Wine-Suite.

La base dei dati su cui è costruito il report per l’anno 2022 in Italia è costituita dall’aggregazione dei dati provenienti dalle analisi di vendita del portale di Divinea e dalle interviste a 129 aziende produttrici. Sono inoltre state analizzati i dati di Google Analytics del loro portale relativamente alla ricerca e alle parole chiave usate nella consultazione da parte dei clienti.

Una parte interessante del report è la raccolta dei dati da parte delle aziende vinicole. Delle cantine analizzate, il 21,5% dichiara di non raccogliere i dati dei clienti, leggero miglioramento rispetto al 2021 quando il numero era 22,4%. Mancanza di strumenti adatti e di tempo da dedicare all’attività sono le motivazioni maggiori per le cantine che non si occupano dei dati dei clienti, ma c’è anche chi non la considera un’attività necessaria.

Enoturismo

La prima parte del report è dedicata all’enoturismo, identificando questo settore di mercato come molto adatto per la vendita del vino, ma anche quello che ha più potenzialità non sfruttate. I tre momenti fondamentali identificati sono la pre-visita, la visita in cantina e la post-visita. E se le esperienze dei turisti in vigna e in cantina siano per la gran parte positive, sembra necessario incrementare la fase della post-visita. Emerge dal rapporto Wine-Suite che le aziende vinicole spendono molte energie per invogliare i clienti a fare un viaggio nelle loro cantine, ed il livello di accoglienza è sempre molto alto ma sono quasi assenti quelle attività di fidelizzazione del cliente, come l’invio di newsletter regolari e informazioni sulle attività della cantina. 

Le aziende vinicole hanno migliorato anche se di poco, le possibilità di prenotazione e pagamento della visita direttamente dal proprio sito web, passando dal 5,7% del 2021 al 7,5% del 2022. Sono però oltre il 47% le aziende che non hanno nessun riferimento ad attività enoturistiche nel proprio sito web, mentre il 23% ha un form di prenotazione ma senza possibilità di pagamento online. Il 31,8% del campione analizzato da Wine-Suite conferma di accettare visitatori anche la domenica, il 95,1% è a proprio agio con la lingua inglese, poco praticati tedesco, francese e spagnolo. Anche questo è sintomo della mancanza di personale specializzato nell’accoglienza in cantina; la piccola dimensione delle aziende vinicole italiane non aiuta a trovare budget e risorse per questa attività.

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Visite in cantina

I visitatori in genere arrivano grazie alle informazioni trovate sul sito web aziendale, per il 16,8%, o tramite i canali social, 15,2%; solo il 10% arriva grazie alle agenzie turistiche, un dato piuttosto basso a fronte delle tante dichiarazioni d’intento sullo sviluppo dell’enoturismo, un segmento quindi su cui si dovrebbe lavorare. Anche i visitatori che provengono dall’estero sono un buon numero, con quasi il 23% dei turisti che arrivano dagli USA, l’11,7% dalla Germania e poco più del 10% dall’Olanda. 

Direct-To-Consumer

La seconda parte è dedicata al Direct-To-Consumer (DTC), il canale di vendita diretta che ha visto un enorme balzo in avanti nel 2020 e il 2021, per poi tornare a numeri più realistici nel 2022, ma migliori rispetto al 2019.

Dal campione analizzato da Wine-Suite risulta che il 16,9% vende tra il 25% e il 50% del totale della produzione grazie alla vendita diretta in cantina, e il 13,2% dal 50% al 75%. Il DTC avviene per lo più (72,8%) in cantina durante la visita o perché il cliente è andato appositamente per portarsi a casa qualche bottiglia, il resto è diviso tra contatti telefonici e tramite email. L’e-commerce riguarda solo il 5,1% della produzione, mentre il modello dei wine club negli USA consente il 45% delle vendite.

È interessante vedere le motivazioni che frenano l’adozione di piattaforme di e-commerce, proprietarie o di terzi. Quasi un terzo, il 28% non ha mai aperto un canale di e-commerce per non mettersi in contrasto con gli usuali canali di vendita, tipicamente il distributore che spesso lavora con l’azienda da qualche decennio. Ma è ancora più preoccupante il 17% di aziende che dichiara di non avere le risorse, di budget, di personale e di capacità tecnologiche, per aprire un proprio canale di vendita online. Questo è un indizio su quanto ancora ci sia da lavorare sulla crescita digitale del mondo del vino e di come le aziende vinicole sappiano benissimo di doversi adeguare, sebbene non sappiano come fare o non abbiano le risorse adeguate. 

Da tutto ciò si rivela che le cantine italiane hanno ancora tanta strada da compiere sia nel settore dell’enoturismo che nell’e-commmerce

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