La guerra Russia-Ucraina rischia di indebolire l’export made in Italy. E proprio il vino potrebbe avere le conseguenze più negative.
Lo scorso anno Russia e Ucraina hanno importato rispettivamente 345 e 56 milioni di euro di vino, con la Russia che incrementa del 18% l’import rispetto al 2020 e l’Ucraina di ben il 200% negli ultimi cinque anni, consacrando, di fatto, l’Italia come paese primo fornitore per queste nazioni.
Ben 400 milioni di euro, dunque, che significano circa il 6% dell’export vino Italia. Contenute, invece, dovrebbero essere le contrazioni per Francia e Spagna. Circa 217 e 146 i milioni di euro di danni, che tradotti in percentuale sarebbero il 2% e il 5% dell’export interno di vino.
La guerra non porta mai benefici e il comparto italiano che dovrebbe di più risentire il contraccolpo è sicuramente il settore agroalimentare. «I danni più consistenti legati a questa guerra – dice Denis Pantini, responsabile Agroalimantare e Wine Monitor di Nomisma – sono riconducibili ad alcune denominazioni e categorie di vini italiani. Nel caso di Asti Spumante parliamo della potenziale perdita di un quarto del proprio export, così come del 20% delle vendite oltre frontiera di spumanti generici italiani o del 13% di vini frizzanti».
È noto che Russia, Ucraina e tutto l’Est Europa prediliga i vini frizzanti e le bollicine dolci con prezzi concorrenziali. E va da sé che la guerra porterà pertanto svantaggi ai produttori qualificati in queste tipologie di vini. Incidenze più pesanti si rileveranno per i vini fermi Dop Sicilia (8%) e per i bianchi Dop Veneto (4%). Il Prosecco, prima Dop più esportata al mondo, per quanto concerne Russia e Ucraina, ha un peso inferiore 5%, nonostante negli anni della pandemia queste bollicine venete avessero più che raddoppiato il proprio mercato.
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