Barbara Signorelli e Pucci Giuffrida

Un’inedita doppia degustazione verticale, dell’Etna Doc bianco e rosso, alla scoperta delle declinazioni evolutive dei vini del Vulcano. Protagoniste grazie ad Onav Catania, due cantine rappresentative del panorama vinicolo etneo.

Il riconoscimento della qualità del vino su parametri oggettivi, l’obiettivo dell’approfondimento Onav, che ha caratterizzato una serata con protagoniste due note cantine etnee, Al-Cantàra e Tenute Moganazzi. “E’ la prima volta che proponiamo con la nostra azienda una verticale delle etichette prodotte – esordisce Pucci Giuffrida – stasera la degustazione sarà una sorpresa, anche per noi”.

Al-Cantàra si presenta al parterre di esperti ed appassionati con bottiglie d’annata, dalla 2017 alla 2013. L’azienda del noto commercialista Pucci Giuffrida, è legata a doppio filo con il fiume Alcantara, che lambisce l’azienda. Kantàra, ponte in arabo, rappresenta un segno di unione , che per Pucci, innamoratosi di queste terre, unisce il vino all’arte ed alla poesia. Forte l’identità culturale aziendale, le cui etichette (pluripremiate anche al Vinitaly), rappresentano la riproduzione artistica di poesie tradizionali da Ciullo d’Alcamo a Pirandello, passando per Martoglio.

Lo stesso logo dell’azienda richiama il ponte sul fiume Alcantara. 15 gli ettari vitati di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante. Curato anche un piccolo Museo, che ospita mostre di grandi fotografi ed opere di noti pittori. L’azienda è attenta alla ricerca, in collaborazione con le Università, ed offre anche una produzione di 2000 bottiglie di pinot nero e 2000 di Cabernet Sauvignon. Salvo Rizzuto è l’enologo di Al-Cantàra, che vanta esperienze in Francia e nelle Langhe.

Due le verticali cui si sono prestate le aziende, di uno stesso vino ma di annate diverse, un bianco e un rosso. In totale, cinque le annate in degustazione, più una sorpresa.

Degustazione di bianchi, Al-Cantàra

Si comincia con l’Annata 2017, la più giovane in degustazione di “Luci-Luci” di Al-Cantàra. Il nome dell’etichetta è legata alle poesie di Nino Martoglio, derivando dall’accezione dialettale delle ormai rare lucciole. Quasi 20 anni di età per le vigne di questo Carricante, con mezzo ettaro dedicato. E’ nota la possibilità di questo monovarietale autoctono di evolversi nel tempo, esprimendo personalità e caratteri che mutano in evoluzione, cominciando a dare il meglio di sè dopo almeno due anni dall’imbottigliamento.

Una vendemmia più prospera ed un’annata più calda rispetto alla 2016, che al calice regala una bella consistenza per un carricante di 6 anni, di un giallo paglierino carico, brillante. Al naso sentori di ginestra e fiori bianchi appassiti, e all’assaggio si arricchisce di una bella sbergia matura, che completa il corredo gusto olfattivo. Vino assolutamente fresco e sapido, che promette una lunga storia.

L’annata fresca del 2016 si ritrova nel calice, che rivela un colore dai brillanti riflessi dorati, mostrando un suo carattere ancor più floreale, di gelsomino e zagara, sensazioni confermate al palato, con un piacevole finale ammandorlato.

La 2015 del “Luci Luci” Al-Cantàra, brilla di un giallo dorato che si esprime con un articolato bouquet olfattivo, una bella trama che ricorda la frutta bianca e l’agrume, quasi di scorza d’arancia. Di corpo pieno, che al gusto rivela ancora una bella acidità.

L’annata 2014 esprime il diverso taglio produttivo dell’azienda, che ancora non vinificava in iper-riduzione – ci ricorda l’enologo Salvo Rizzuto – con un corredo gusto-olfattivo più spostato sulla frutta bianca matura, sentori di mela e pesca, con sfumati sentori ossidativi, sempre sostenuto da una bella spalla acida.                 

Il 2013 è il frutto evidente di un’annata fresca e piovosa, che si concede ancora alla degustazione sulle note tipiche del carricante ed un leggero sbuffo minerale. Sempre solo acciaio per questo bianco di Al-Cantàra, che ne fanno un Etna Bianco Doc emblematico. 

L’azienda Al-Cantàra, a sorpresa, propone all’assaggio anche una vecchia annata dell’Etna Bianco Doc, niente meno che il Luci Luci 2010. L’annata freschissima si ritrova nel bicchiere, con un naso ben orchestrato, su aromi di spezie e pietra focaia, a cingere una bella mela cotogna ed un albicocca disidratata, ancora sorretto da una buona spalla acida, con chiusura ricca e persistente.  

E’ la prova del nove che il Carricante dell’Etna Doc, forte di un corredo e di un terroir particolarmente vocato, è capace di rivelarsi negli anni, attraverso una bella evoluzione minerale, che ne fanno apprezzare doti analoghe ai grandi bianchi del nord Europa.

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Per Tenute MoganazziBarbara Signorelli sottolinea la gestione familiare di questa terza generazione, rappresentata da lei e dalla sorella Antonella. Siamo a Castiglione di Sicilia, sempre sul versante nord etneo. Azienda antica, che ama definirsi “minimal, ma di qualità“. 4000 le bottiglie tutte numerate, per le due linee di bianco e rosso. La storia ha origine dal nonno Michele Pennisi, medico di Randazzo, che definiva il piccolo appezzamento “la sua amante”.

Nonno Michele negli anni ‘50 produceva già ottimo vino, ma l’idea di imbottigliare, si realizza nel 2006 con lo zio di Barbara, Vincenzo figlio di Michele, che sforna la prima etichetta di “Don Michele”. Sette gli ettari vitati, con esemplari prefillossera, di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante e Catarratto.

Degustazione di rossi, Tenute Moganazzi

La verticale del loro Etna Doc rosso, inizia con Don Michele annata 2020, proposto in vera anteprima agli ospiti della serata. Di un rosso rubino scarico, colore inconfondibile del Nerello Mascalese, presente all’80% con un 20% di Cappuccio (Nerello mantellato). Al naso fruttato di fragola fresca, mentre al palato i tannini dell’Etna Doc si presentano non più scalpitanti, grazie ai 10 mesi di passaggio in botti grandi di secondo passaggio, così da riuscire a donare sentori evidenti di liquirizia e di cioccolato sullo sfondo.

L’annata 2019, rivelatasi ottima per la qualità dei vini etnei, ha agevolato la corretta maturazione in pianta, lenta e continua, che si apprezza anche nel calice del Don Michele 2019. Bella la trama corporea per questa espressione, con un naso ancora giovane sul frutto, che in bocca regala un tannino ben presente ma vellutato. La bella maturazione polifenolica, evidenzia sul finale una piacevole nota di pesca gialla matura.

Per il Don Michele 2018, l’annata piovosa ha caratterizzato proprio il periodo della vendemmia e condizionato la produzione dell’annata, trasferendo al vino una verticalità più evidente, con tannini più vivaci.

Il successivo Don Michele 2017, di un rubino carico, corposo, non solo grazie al bel titolo alcolometrico di 15°, si sottrae inizialmente al naso e richiede una previa decantazione, rivelandosi al successivo assaggio, pieno ed equilibrato, complesso, con evidenti note selvatiche e di rose di montagna.

Il Don Michele 2016, ancora di un bel rubino intenso e brillante è sorretto dall’acidità tipica del vino etneo. Un profilo gusto olfattivo di frutta scura, e note piacevoli di cuoio e sottobosco. La sorpresa finale riservata dalla cantina etnea è un Don Michele 2007. Un bel granato per questo Etna Doc, piacevolmente invecchiato, quasi da meditazione.

Annate in degustazione

Uno straordinario viaggio tra le espressioni vulcaniche in bianco e rosso, caratterizzato dall’affabilità dei produttori e dei padroni di casa Onav, con un energetico Danilo Trapanotto. La serata ha confermato come sull’Etna, la qualità eccellente dell’uva e le corrette pratiche colturali, sanno donare prodotti d’eccellenza. Anche sulle vecchie annate la leggera ossidazione, ha conferito ulteriori piacevoli sentori, sbuffi minerali, senza togliere nulla al corredo aromatico, confermando l’ottima espressione di annate diverse di due vini di qualità, dove le condizioni pedoclimatiche e la scelta enologica hanno saputo produrre etichette complesse e differenti, da regalarsi negli anni.

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