I tre giorni di focus sui vini Doc Sicilia, ed in particolare sui vini dai vitigni simbolo grillo e nero d’Avola, ci consegnano una Sicilia del vino che va dritta verso una qualità più consapevole, alcuni aspetti nel bicchiere, che fino a pochi anni fa lasciavano a desiderare, adesso convincono di più.
Quando si assaggiano in batteria, come nel mio caso nell’ultimo mese, un centinaio tra grillo e nero d’Avola ci si riesce a fare un’idea precisa dello stato dell’arte di queste due tipologie di vino. In generale, oggi i due vitigni danno vini più centrati, ma quali sono le differenze tra i grillo e i nero d’Avola di una decina d’anni fa e quelli di oggi?

Innanzitutto, come allora, nei vari vini da uve grillo esistono sostanziali differenze dettate dai differenti areali di coltivazione e dalle varie interpretazioni di vinificazione. Negli anni scorsi, dopo una serie di assaggi, appariva abbastanza chiaro che era quasi sempre inutile cercare di dare al vino, con le eccessive tecniche moderne di iper-riduzione, eccessivi profumi di fiori freschi, di frutta fresca, o una freschezza pseudo-nordica, il risultato nel bicchiere erano grillo troppo verdi ed erbacei, assolutamente scomposti e privi di piacevolezza.
Oggi è evidente, che i grillo hanno iniziato a trovare una loro personalità che mette in luce la freschezza dei vini senza esasperala, esprimendo il floreale, il classico fruttato con belle note piene e la componente erbacea che gioca e si integra con il frutto.
Certo esistono ancora visioni diverse tra produttori che prediligono grillo più scattanti con profumi freschi di frutto e spezie che danno una scossa, sensazioni balsamiche e salinità che rimandano all’essenza della Sicilia, e chi invece ama grillo più rotondi e morbidi, ma in generale si è imboccata la strada che valorizza il vitigno senza snaturarlo, e che è anche la carta vincente per imporsi sui mercati.

Il vitigno principe siciliano nero d’Avola rappresenta il 50% della superficie regionale a bacca nera, da un po’ di tempo ha iniziato a rialzare la testa. L’oscillazione del pendolo della moda sta riequilibrando nei nero d’Avola il peso toccato anni fa, stagione nella quale si affermò il primato delle tecniche di cantina sul lavoro nel vigneto con sofismi per dare corpo, struttura tannica, morbidezza, rotondità ai vini.
Oggi la ricerca è l’equilibrio, se vogliamo fare un paragone con la moda nell’abbigliamento, si è passati da una modernità ostentata, chi non ricorda le giacche degli anni ’90 con le spalline imbottite, a una modernità politicamente corretta, con tagli slim dai colori sobri. Nei Nero d’avola, per lo più, sono lontani i tempi nei quali si imbottivano vini già strutturalmente potenti con masse estrattive che bloccavano il palato, o si usavano a profusione piccoli contenitori di legno che apportavano toni dolci e ossidativi a vini già ridondanti.
L’esaltazione della vigna, delle micro differenze tra una parcella e l’altra, quindi del terroir riesce a dare nero d’Avola, si diversi tra loro ma, con un filo conduttore comune.
La maggior parte di quelli di pronta beva sono realizzati preservando il frutto dall’ossidazione, sono semplici e piacevoli, mentre quelli pensati per durare nel tempo, oggi più sottili, mettono in luce le caratteristiche del vitigno, anche se di ottima complessità.
In generale, dunque, i dati degli assaggi sono più che positivi, anche se c’è sempre da migliorare, ed anche i dati di vendita della denominazione sono più che confortanti, lo dimostra l’aumento dell’imbottigliato che per la Doc Sicilia nel 2021 supererà il 100 milioni di bottiglie.
La Doc Sicilia in numeri
23,521 ettari (rivendicati nel 2020)
7863 viticoltori
679.457 ettolitri imbottigliati nel 2020
90,594,310 sono le bottiglie con le etichette prodotte nel 2020